VIA DEI CARDEN: Val Mesolcina – Val San Giacomo – Val Bregaglia

(dal Muvis)

IL PROGETTO IN SINTESI

Il cuore del progetto sarà costituito dalla definizione e valorizzazione di un percorso transfrontaliero chiamato VIA DEI CARDEN.

Il percorso inizia dal comune di Mesocco e sale all’alpe di Barna da qui c’è la possibilità si scegliere tra la bocchetta della Val Sancia (m 2581) scendendo all’alpe Morone (m 1860) e il passo di Barna/Bardan (m2547) scendendo all’alpe Gusone (m 1855) proseguendo da entrambi per S. Sisto (m 1810) (notevole la Canonica e il Campanile di stile romanico sec XVI), Starleggia e Splughetta arrivando al piano di Campodolcino con tappa al Muvis.

Un’ulteriore variante parte da Pian San Giacomo (m 1100) sale al passo del Baldiscio (m 2350), scende da Borghetto nella Val Febbraro (cascata di Borghetto), Isola e si innesta sul tratto Via Spluga da Isola a Campodolcino. Il percorso riparte dal vecchio ponte detto “Romano”, si sale attraverso il sentiero della Caurga (monumento naturale regionale) fino a Fraciscio, con visita alla Casa Museo “Cà Bardassa”, si prosegue dunque per la frazione Gualdera, l’alpe di Bondeno, di Avero, si sale a m2300 ca. alla bocchetta d’ Avero poi in discesa si attraversa l’alpeggio di Piangesca, si costeggia il lago di Acquafragia, si scende all’alpeggio dell’Alpigia, a Savogno e si arriva a Borgonuovo di Piuro costeggiando le Cascate dell’Acquafragia (monumento regionale naturale), qui ci si innesta sulla Via Bregaglia con la possibilità di arrivare fino al Maloja. Da Savogno è possibile o scendere a Prosto di Piuro e visitare il Palazzo Vertemate e il Museo degli Scavi di Piuro e il Museo della Pietra Ollare oppure raggiungere il paese svizzero di Soglio attraverso un panoramico sentiero in quota.

L’idea del progetto è la valorizzazione turistica di questi splendidi territori, che si trovano in buona parte al di fuori dei tradizionali percorsi. Saranno previsti percorsi tematici che andranno ad integrare quello principale ( sentiero archeologico e speleologico del Pian dei Cavalli e sentiero naturalistico del Lej de la Marsciura)

Il passo del Baldiscio rientra nell’itinerario della Via Alpina (U.E) senza però essere stato adeguatemente valorizzato.

La via Carden prevede due settori di interesse uno etnografico, dove saranno indicati i nuclei di interesse architettonico ( alpeggi e insediamenti rurali) e i siti interessati dall’attività umana (Cave, opere di captazione idrica) e uno naturalistico ( sito archeologico del Pian dei Cavalli e di Borghetto, emergenze geologiche, cascata della Val Febbraro, della Caurga, dell’Acquafragia ,biotopi ( torbiere del Baldiscio, Lej della Marsciüra) e laghetti alpini, inoltre saranno previsti dei punti di osservazione per la fauna locale, es. pernici e camosci sulla bocchetta d’Avero).

Sarà prevista la stampa di una guida di approfondimento che descriverà il percorso e analizzerà i territori interessati da un punto di vista storico e antropologico (emigrazione e contrabbando; dialetto;’economia delle vallate: monticazione e alpeggi, attività estrattiva e turismo).

Sarà prevista la mappatura del percorso su GPS.

Saranno organizzati corsi di formazione per la creazione di B&B d’alta quota, e corsi di approccio e conoscenza della montagna, della sua flora e fauna in collaborazione con Legambiente.

ENTE CAPOFILA ITALIANO: Muvis (Consorzio delle Frazioni Corti e Acero)

PARTNER ITALIANI ACQUISITI: Comunità Montana Valchiavenna, Comune di Campodolcino, Comune di Madesimo, Comune di San Giacomo Filippo, Comune di Piuro, Legambiente Valchiavenna

ENTE CAPOFILA SVIZZERO RICHIESTO: Regione Mesolcina

PARTNER SVIZZERI RICHIESTI: Pro Natura Coira, Museo San Vittore, Museo Ciäsa Granda

acquisita la collaborazione dell’arch. Diego Giovanoli

DESCRIZIONE DEL PROGETTO (val Mesolcina e Val San Giacomo)

L’ambito territoriale del progetto interessa due importanti settori che trovano un punto di congiunzione nella piana di Campodocino. Sulla destra orografica della Val San Giacomo parte da Isola la Val Febbraro, convalle con andamento Est-Ovest e termina al Passo Baldiscio sullo spartiacque con la Val Mesolcina. Scendendo sul versante svizzero, infatti, si raggiunge la strada del San Bernardino e, senza troppa fatica, il vicino valico. Ci troviamo di fronte ad una “bretella” che permette di collegare facilmente due importanti vallate ed i loro strategici passi: San Bernardino e Spluga.

Sulla sinistra orografica della Val San Giacomo salendo da Campodolcino e seguendo per breve tratto il torrente Rabbiosa e lasciato Fraciscio si percorre il terrazzo glaciale di Gualdera-Bondeno, e si penetra nella Valle d’Avero. Da qui attraverso la forcella d’Avero si raggiunge il circolo terminale dell’Acquafraggia e poi si scende a Savogno e da qui con due varianti al fondovalle della Bregaglia.

ORIGINE E MOTIVAZIONI:

Sempre più sta prendendo piede la Via Spluga, importante percorso storico-turistico che collega la Valchiavenna con Thusis nel Canton Grigioni al termine della Via Mala.

Poca attenzione però è stata prestata alla valle svizzera della Mesolcina che affianca la Val San Giacomo incuneandosi la prima tra le alpi Lepontine e la seconda tra le Retiche e alte vie di collegamento tra la Val San Giacomo e la Bregaglia.

In epoca romana questo territorio diventa di strategica importanza con la costruzione di strade sul San Bernardino (Mons Avium), sul passo dello Spluga (Cunu Aureu) e dalla Bregaglia sul Settimo/Maloja-Julier.

Dal Medioevo la Valchiavenna e la Val San Giacomo erano in collegamento con la Mesolcina attraverso il passo della Forcola (con la variante che partiva da S. Giacomo) e altre vie attraverso i valichi alpini meno conosciuti come quelli del Baldiscio (Val Febbraro), del passo del Sancia e del Barna (Valle di Starleggia) con lo scopo di mantenere e migliorare il contatto fra le due regioni.

D’altra parte le vie per raggiungere la Bregaglia senza scendere nel fondovalle erano: quella interessata dal progetto e la variante Avero-Olcera-Daloò-Pianazzola- Chiavenna/ Prosto.

E’ importante la valorizzazione di queste “altre” vie, che si sono poi collegate alla Via Spluga e, che per certi periodi di tempo l’hanno sostituita, quando il percorso non era più sicuro per varie ragioni, come la comoda e trafficata mulattiera del Baldiscio che ha permesso di far valicare le Alpi da Chiavenna a Ilanz in circa sedici ore, evitando le poco rassicuranti gole del Cardinello.

Intenzione del progetto è anche quello di ridare vita a queste vie secondarie che possono meglio far comprendere la storia di un territorio che ha tratto le fonti di sostegno dal commercio e dallo sfruttamento dei pascoli alpini

L’attività zootecnica in alta Val San Giacomo ha avuto un ruolo e un peso economico notevole a partire dal Medioevo ed ha favorito l’utilizzazione del territorio e la diffusione dell’insediamento (inizialmente temporaneo poi permanente) in uno spazio fino ad allora vuoto, che aveva permesso la “tracimazione” di Mesocco in Val Febbraro senza sollevare proteste da parte dei comuni interessati a Sud dello spartiacque alpino, a parte dispute legali di proprietà. Peraltro l’attività zootecnica e la monticazione ha tracimato da Piuro attraverso Acquafraggia e Passo di Lei ad interessare l’omonima valle nell’ambito territoriale del Comune di Piuro, altrimenti raggiungibile anche attraverso Fraciscio e il passo dell’Angeloga.

L’interesse per gli ampi spazi d’alta montagna nasce dunque nel Medioevo e la forte pressione migratoria da Sud verso Nord ha determinato la “conquista”e l’antropizzazione di questi territori dando origine a rapporti transfrontalieri di varia natura: sia giuridica che economica, ma anche politica e sociale.

Viceversa la colonizzazione del versante settentrionale, anche prima dell’insadiamento di colonie Walser nel Rheiwald (Splugen e Hinterrhein), ha dato vita a scontri anche sanguinosi tra i Comuni di Chiavenna e di Schons (Schams, Sassame), e successive ‘Concordie’, causate dalla contesa di alpi e bestiame nell’alta Val san Giacomo rendendo necessaria la fortificazione di alcuni punti strategici e l’utilizzo di milizie armate a difesa di territori e del bestiame (abigeato).

Assai interessante si rivela, dunque, lo studio di questo territorio, anche in chiave turistica al fine di favorire la sua lettura come importante documento socio-storico-economico pressoché integro delle trasformazioni paesaggistiche dovute a fattori antropologici che possono far capire la struttura geografica del territorio transfrontaliero condizionata dai traffici, dall’allevamento, dall’emigrazione.

Un altro aspetto importante che va indagato è quello dei flussi migratori, stimolati dalla povertà del terreno montagnoso, che hanno caratterizzato queste vallate molto simili: all’inizio con migrazioni stanziali verso il centro Italia (Roma, Napoli) e verso alcuni importanti centri Europei (famosi erano gli spazzacamini moesani di Vienna, i pasticceri e salumieri bregagliotti), poi verso le Americhe. Fino alla metà degli anni Settanta i contatti fra queste regioni erano abituali anche a causa del contrabbando che permetteva di integrare la misera economia valligiana.

Dal XVII secolo è frequente anche la migrazione periodica estiva verso la Mesolcina legata ai ritmi dell’agricoltura e dell’allevamento e viceversa dalla Mesolcina al Chiavennasco si spostavano maestranze di muratori, fabbri e falegnami come pure dalla Bregaglia. In tempi più recenti gli abitanti della val San Giacomo si specializzano nell’ estrazione della pietra (il territorio vede l’apertura di molte cave) e molta manodopera di questo settore si sposta nella vicina Svizzera. Il “migrante” acquisisce una fondamentale importanza, quella di farsi portatore di una professionalità ed una cultura che arricchisce il territorio nel quale presta la propria attività e viceversa coglie da quest’ultimo nuovi stimoli un nuovo bagaglio conoscitivo e una maggior propensione all’incontro e al confronto con altre culture e altre esperienze.

Attraversare questo territorio cosparso di significative testimonianze della grande eredità culturale della montagna può diventate un’esperienza unica. Questa zona fu assai frequentata già in età preistorica, come recenti ricerche archeologiche hanno confermato, portando alla luce tracce degli attendamenti fra le più antiche in assoluto nelle Alpi centrali, risalenti all’età Mesolitica. I primi uomini che conducevano animali al pascolo, comparvero qui almeno 3000 anni fa, di cui si sono messe in luce tracce nei pressi di Borghetto, piccolo nucleo alpestre posto circa a metà della val Febbraro come probabile stazione usata per la pastorizia e come punto di sosta nei transiti già nel periodo di transizione tra Età del Bronzo ed Età del Ferro, anche se solo nel Medio Evo l’allevamento animale assunse forme simili a quelle moderne anche nella Mesolcina scavi archeologici hanno riportato alla luce tracce di insediamenti neolitici.

Ci troviamo in un territorio splendido, desolato, quasi preistorico, pressoché incontaminato, dove è ancora possibile avvistare animali in via d’estinzione come l’ermellino, la lepre bianca e lo splendido tetraonide, la pernice bianca, che qui ancora nidifica in primavera. Vi si trovano altipiani caratterizzati da spazialità uniche, come a Nord l’Alpe Piani e, a Sud, il Pian dei Cavalli, costituito da rocce carbonatiche idrosolubili, contribuendo a fargli assumere il tipico aspetto ondulato e caratteristiche carsiche testimoniate da una circolazione ipogea, da doline e grotte, tra cui il Buco del Nido (Böcc del Nî, m. 2157), che si estende in profondità per centinaia di metri.
Nei territori interessati dal progetto sono da notare i numerosi esempi di architettura rurale anche antica che si incontrano negli alpeggi. Si possono infatti ancora osservare le baite costruite con la tecnica del “carden” una tecnica costruttiva già in uso presso i Romani (
opus cardinatum denominata anche “blockbau” ) le cui pareti sono costituite da travi che si intrecciano e si incastrano negli angoli come pure sono di alto interesse urbanistico alcuni insediamenti in quota (Alpe di Barna, S. Sisto, Avero, Savogno, Soglio).

Oltre alla valorizzazione in chiave naturalistica e turistica di queste aree transfrontaliere di montagna, va sicuramente indagata anche la cultura di queste due popolazioni così simili negli usi, costumi e dialetti a riprova di come i contatti in passato fossero molto più frequenti di oggi. In entrambe le parti coinvolte è sentita fortemente l’esigenza di ripristinare questi antichi contatti, al fine di rinsaldare rapporti e tradizioni che si sono andate perdendo con l’avvento della modernità e soprattutto dopo la delimitazione dei confini nazionali ed il prevalere dei trasporti su strada. Ciò nell’interesse comune di indagare, studiare e approfondire quegli aspetti comuni che si hanno nella cultura locale e nella pratica della monticazione e degli alpeggi, anche in una prospettiva di valorizzazione e accoglienza, istituendo nuove forme di turismo ecosostenibile e culturalmente avvertito, finora limitato a pochi appassionati di sci d’alpinismo e trekking estivo.

Alle origini del progetto c’è dunque una storia secolare di scambi commerciali, emigrazione, aspre contese per pascoli, confini territoriali e nel secolo scorso vari episodi di contrabbando ed anche di fuga dall’Italia per motivi razziali o penali.

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