LE PATATE DI STARLEGGIA BUONE E “SOLIDALI”

tratto dall’Almanacco agricolo valtellinese 2010

Cronache di Valchiavenna

LE PATATE DI STARLEGGIA BUONE E “SOLIDALI”

Il progetto dei volontari dell’operazione Mato Grosso

DI STEFANO BARBUSCA
Agricoltura e solidarietà, l’accoppiata è senza dubbio vincente… E’ lo spirito che, da quattro anni, anima l’attività promossa dal Consorzio della Valle di Starleggia (Campodolcino) e dei volontari dell’Operazione Mato Grosso, impegnati nella coltivazione della particolare patata di Starleggia.
Come ben sanno gli appassionati di cucina, si tratta di una vera e propria specialità locale. Un ingrediente per piatti tipici che hanno i sapori ricercati da abili chef, ma anche quelli della fatica di chi, in passato, ha vissuto su queste montagne.
«Le patate costituivano un sostituto della farina nell’alimentazione di Starleggia – spiega dal Consorzio Cristian Pavioni -. Fino agli anni sessanta non esisteva una carrozzabile da Campodolcino e il trasporto di generi alimentari era molto difficoltoso. Si è conservato uno stile di cucina povero e basato sui pochi ingredienti disponibili in alta quota: formaggi del posto, orzo e patate. Nel menù tipico di Starleggia ci sono vere e proprie specialità apprezzate da moltissimi intenditori». Ne dà la conferma anche Luciano Scaramella nel libro “Gente di montagna, ricordi di Starleggia dal 1930 al 1970” (Polaris, 2009). «Pochi sanno che la patata di Starleggia è considerata una delle più pregiate al mondo – spiega Scaramella -. E’ sorprendente per gusto, friabilità e consistenza al tempo. Ogni famiglia, nel secolo scorso, aveva diversi campi e riusciva a racimolare dai due ai quattro quintali di patate. Venivano conservate nella “chianua”, la cantina. Queste patate cominciarono ad essere molto ricercate, e molti viaggiatori si fermavano a mangiarle in un’antica osteria di Gallivaggio».
L’abbandono dei campi
Starleggia negli anni sessanta aveva circa cinquecento abitanti e fino alla metà degli anni ’80 era ancora attiva la scuola elementare. Anche la parrocchia dedicata a Cristo Re, nel 1982, è stata unita a quella di Campodolcino. Il paese non è più abitato in inverno, perché da una ventina d’anni non viene più garantita la pulizia della strada per Campodolcino. Gli ultimi residenti si sono trasferiti nelle principali frazioni del comune e negli altri paesi della Valchiavenna. Nel periodo estivo, centinaia di persone tornano in quota per trascorrere le ferie nelle seconde case.
Il progetto
Gli appezzamenti sono situati fra le frazioni di Splughetta, il primo nucleo di case che s’incontra salendo da Campodolcino (1350 m di quota) e Starleggia (1550). Si trovano in una zona caratterizzata da un’alta piovosità: anche questo è un aspetto vantaggioso.
Grazie a questo progetto è iniziata anche un’attività di ripristino dei terrazzamenti. «L’idea è nata dall’incontro fra alcuni volontari dell’Omg e il nostro paese – prosegue Pavioni -. La gente di Starleggia ha prestato gratuitamente i campi per otto anni ai volontari.

I ragazzi coltivano i terreni con passione e abilità. Si inizia al termine dell’inverno. Si parte con la concimazione, effettuata con l’utilizzo di concime fornito dai contadini della zona, poi dopo alcune settimane arriva il momento della semina. Si è cercato di conservare le semenze originali. Le condizioni particolari del clima permettono di evitare l’utilizzo di sostanze chimiche. Si può parlare, quindi, di prodotti completamente biologici».
La solidarietà
Il ricavato della vendita viene utilizzato per sostenere le attività delle missioni in Sudamerica dell’associazione che, in Valchiavenna, può contare su decine di volontari.
Il raccolto è abbondante: ogni anno si parla di 40 quintali di patate, che vengono vendute dai volontari dell’Omg di Chiavenna. L’apprezzamento raccolto è decisamente elevato: le patate di Starleggia sono speciali per chi riceve un aiuto grazie a questa iniziativa, ma anche per chi le acquista e si mette ai fornelli. Le ricette sono tante e tutte gustose: con le patate si preparano squisiti primi, secondi e contorni.
Il paese
C’è chi affronta la salita in mountain-bike e chi sceglie la corsa, ma non mancano gli escursionisti che salgono in auto fino in paese e poi s’incamminano sui sentieri che portano, solo per citare alcuni possibili itinerari, nella splendida piana di San Sisto, al Pizzo Quadro, all’Alpe del Servizio o al Pian dei Cavalli. Starleggia è una meta ideale per una passeggiata da Campodolcino, sia durante la bella stagione che in inverno, quando con le ciaspole o gli sci e le pelli di foca si possono gustare tranquillità e panorami emozionanti. Non c’è soltanto la vista delle cime della Valle Spluga a catturare l’attenzione degli amanti della natura. Le particolarità di un borgo alpino dove vecchie abitazioni e fienili sono affiancati da costruzioni più moderne, ma quasi sempre curate, conquistano tutti i visitatori. Ma il paese della Val San Giacomo è anche un ottimo punto di partenza per chi vuole affrontare percorsi più impegnativi, sia per escursionisti poco allenati che per alpinisti più esperti. E se il Consorzio si è occupato, insieme al comune di Campodolcino, della regolamentazione del traffico sulla strada che dalla zona del Riee porta alla cava e del blocco delle motoslitte non autorizzate, l’assenza di strutture per un turismo intensivo costituisce la miglior arma per tutelare l’ambiente.
«Come Consorzio si è discusso più volte del possibile sviluppo turistico – rileva Cristian Pavioni -. L’obiettivo è una prospettiva completamente diversa rispetto all’altra sponda del Liro. Non c’è alcuna volontà di dare vita a uno sfruttamento intensivo della zona. Siamo decisi a puntare sulla conservazione del patrimonio culturale, con una costante attenzione alla tutela ambientale e agli aspetti storici».

DI STEFANO BARBUSCA
Agricoltura e solidarietà, l’accoppiata è senza dubbio vincente… E’ lo spirito che, da quattro anni, anima l’attività promossa dal Consorzio della Valle di Starleggia (Campodolcino) e dei volontari dell’Operazione Mato Grosso, impegnati nella coltivazione della particolare patata di Starleggia.
Come ben sanno gli appassionati di cucina, si tratta di una vera e propria specialità locale. Un ingrediente per piatti tipici che hanno i sapori ricercati da abili chef, ma anche quelli della fatica di chi, in passato, ha vissuto su queste montagne.
«Le patate costituivano un sostituto della farina nell’alimentazione di Starleggia – spiega dal Consorzio Cristian Pavioni -. Fino agli anni sessanta non esisteva una carrozzabile da Campodolcino e il trasporto di generi alimentari era molto difficoltoso. Si è conservato uno stile di cucina povero e basato sui pochi ingredienti disponibili in alta quota: formaggi del posto, orzo e patate. Nel menù tipico di Starleggia ci sono vere e proprie specialità apprezzate da moltissimi intenditori». Ne dà la conferma anche Luciano Scaramella nel libro “Gente di montagna, ricordi di Starleggia dal 1930 al 1970” (Polaris, 2009). «Pochi sanno che la patata di Starleggia è considerata una delle più pregiate al mondo – spiega Scaramella -. E’ sorprendente per gusto, friabilità e consistenza al tempo. Ogni famiglia, nel secolo scorso, aveva diversi campi e riusciva a racimolare dai due ai quattro quintali di patate. Venivano conservate nella “chianua”, la cantina. Queste patate cominciarono ad essere molto ricercate, e molti viaggiatori si fermavano a mangiarle in un’antica osteria di Gallivaggio».
L’abbandono dei campi
Starleggia negli anni sessanta aveva circa cinquecento abitanti e fino alla metà degli anni ’80 era ancora attiva la scuola elementare. Anche la parrocchia dedicata a Cristo Re, nel 1982, è stata unita a quella di Campodolcino. Il paese non è più abitato in inverno, perché da una ventina d’anni non viene più garantita la pulizia della strada per Campodolcino. Gli ultimi residenti si sono trasferiti nelle principali frazioni del comune e negli altri paesi della Valchiavenna. Nel periodo estivo, centinaia di persone tornano in quota per trascorrere le ferie nelle seconde case.
Il progetto
Gli appezzamenti sono situati fra le frazioni di Splughetta, il primo nucleo di case che s’incontra salendo da Campodolcino (1350 m di quota) e Starleggia (1550). Si trovano in una zona caratterizzata da un’alta piovosità: anche questo è un aspetto vantaggioso.
Grazie a questo progetto è iniziata anche un’attività di ripristino dei terrazzamenti. «L’idea è nata dall’incontro fra alcuni volontari dell’Omg e il nostro paese – prosegue Pavioni -. La gente di Starleggia ha prestato gratuitamente i campi per otto anni ai volontari. I ragazzi coltivano i terreni con passione e abilità. Si inizia al termine dell’inverno. Si parte con la concimazione, effettuata con l’utilizzo di concime fornito dai contadini della zona, poi dopo alcune settimane arriva il momento della semina. Si è cercato di conservare le semenze originali. Le condizioni particolari del clima permettono di evitare l’utilizzo di sostanze chimiche. Si può parlare, quindi, di prodotti completamente biologici».
La solidarietà
Il ricavato della vendita viene utilizzato per sostenere le attività delle missioni in Sudamerica dell’associazione che, in Valchiavenna, può contare su decine di volontari.
Il raccolto è abbondante: ogni anno si parla di 40 quintali di patate, che vengono vendute dai volontari dell’Omg di Chiavenna. L’apprezzamento raccolto è decisamente elevato: le patate di Starleggia sono speciali per chi riceve un aiuto grazie a questa iniziativa, ma anche per chi le acquista e si mette ai fornelli. Le ricette sono tante e tutte gustose: con le patate si preparano squisiti primi, secondi e contorni.
Il paese
C’è chi affronta la salita in mountain-bike e chi sceglie la corsa, ma non mancano gli escursionisti che salgono in auto fino in paese e poi s’incamminano sui sentieri che portano, solo per citare alcuni possibili itinerari, nella splendida piana di San Sisto, al Pizzo Quadro, all’Alpe del Servizio o al Pian dei Cavalli. Starleggia è una meta ideale per una passeggiata da Campodolcino, sia durante la bella stagione che in inverno, quando con le ciaspole o gli sci e le pelli di foca si possono gustare tranquillità e panorami emozionanti. Non c’è soltanto la vista delle cime della Valle Spluga a catturare l’attenzione degli amanti della natura. Le particolarità di un borgo alpino dove vecchie abitazioni e fienili sono affiancati da costruzioni più moderne, ma quasi sempre curate, conquistano tutti i visitatori. Ma il paese della Val San Giacomo è anche un ottimo punto di partenza per chi vuole affrontare percorsi più impegnativi, sia per escursionisti poco allenati che per alpinisti più esperti. E se il Consorzio si è occupato, insieme al comune di Campodolcino, della regolamentazione del traffico sulla strada che dalla zona del Riee porta alla cava e del blocco delle motoslitte non autorizzate, l’assenza di strutture per un turismo intensivo costituisce la miglior arma per tutelare l’ambiente.
«Come Consorzio si è discusso più volte del possibile sviluppo turistico – rileva Cristian Pavioni -. L’obiettivo è una prospettiva completamente diversa rispetto all’altra sponda del Liro. Non c’è alcuna volontà di dare vita a uno sfruttamento intensivo della zona. Siamo decisi a puntare sulla conservazione del patrimonio culturale, con una costante attenzione alla tutela ambientale e agli aspetti storici».

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